domenica 31 gennaio 2021

L'Italia Fascista

Il primo dopoguerra: l'ascesa del fascismo.

Nell'Italia del dopoguerra vi erano diversi motivi di malcontento.

  •  alcuni politici, artisti e cittadini comuni ritenevano che l'Italia non aveva attenuto quello che le spettava per la vittoria nella prima guerra mondiale. Questi erano i nazionalisti. Il più famoso tra queste persone era Gabriele D'annunzio, un personaggio allora famosissimo. Era stato un eroe della guerra ed era un famosissimo scrittore. I suoi articoli erano letti da migliaia di persone. Era una di quelle voci in grado di "influenzare" l'opinione pubblica. D'annunzio aveva inventato questa espressione: "vittoria mutilata", cioè per il mancato rispetto da parte degli Alleati degli impegni presi con l'Italia che avrebbe dovuto annettersi, in caso di vittoria, la costa dalmata. Guarda con attenzione le due carte e leggi le didascalie.

In verde chiaro sono indicati i territori promessi all'Italia con Patto di Londra del 1915. La Dalmazia settentrionale, nel 1919, venne invece assegnata, contro la volontà dell'Italia, al nuovo regno serbo-croato-sloveno. La mancata annessione della Dalmazia all'Italia fu una delle cause di insoddisfazione che portarono alla definizione di "vittoria mutilata", che venne in parte mitigata dal trattato di Rapallo (1920), per i risultati della pace. pace.


Negli anni successivi alla prima guerra mondiale la questione del confine orientale era sulle pagine di tutti i giornali. L'Italia riuscì ad ottenere parte dei territori che rivendicava come vedi nella carta qui sotto (è l'Italia nel 1924 con le province di Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Zara).





  • le agitazioni sociali: dal 1919 al 1922 l'Italia fu sconvolta da scioperi e manifestazioni di protesta per richiedere aumenti di stipendio, protestare contro l'aumento dei prezzi e contro la disoccupazione. Ovviamente queste proteste erano guidate dai partiti di sinistra (socialisti). Gli operai occuparono molte fabbriche e i contadini invasero le terre chiedendone la distribuzione. I capitalisti e i latifondisti (grandi proprietari terrieri) temevano che i socialisti potessero organizzare una rivoluzione socialista, come era accaduto in Russia pochi anni prima. Qui puoi vedere un breve video sul biennio rosso (ci interessa fino al minuto 1:20). 
1920 Milano. Operai armati occupano una fabbrica.


Nel Parlamento la situazione è molto complicata perché non c'è un partito forte che abbia la maggioranza dei voti in Parlamento. 

Questi sono i principali partiti:
 
1) Partito socialista: si ispirava alle teorie di Marx di cui abbiamo parlato nelle settimane passate. Però non tutti i socialisti la pensavano allo stesso modo, erano divisi in due gruppi: i riformisti (che proponevano una politica di riforme graduali) e massimalisti (che volevano realizzare il programma "massimo" della rivoluzione socialista e abbattere il capitalismo). Nel 1921 (quest'anno ricorre il centenario) il gruppo dei massimalisti uscì dal partito e fondò il Partito Comunista Italiano, che si proponeva di guidare il popolo alla rivoluzione. Tra i leader dei massimalisti c'era Antonio Gramsci.

2) Partito popolare. Il partito popolare era di ispirazione cattolica, voleva migliorare le condizioni dei contadini e degli operai ma non era un partito rivoluzionario. I popolari erano un partito di ispirazione cattolica, questo li differenziava molto dai socialisti (Marx aveva definito la religione "oppio dei popoli", poiché la riteneva uno strumento in mano alle classi dominanti per mantenere schiacciati sotto il loro potere il proletariato. Per questo motivo il marxismo è ateo).

3) I liberali. Il partito liberale governava l'Italia dal 1861, cioè dalla creazione del Regno d'Italia. Tra i liberali c'erano monarchici, nazionalisti, industriali, latifondisti.


Il pericolo rosso

Questo era il quadro della situazione italiana:  la società italiana era profondamente divisa un due parti: 1) la sinistra che rappresenta il proletariato e 2) i capitalisti e latifondisti. Ma contro la sinistra erano anche il partito Popolare (che voleva rappresentare i cattolici) e i nazionalisti. 

Il "governo forte"
 In questa situazione acquistò forza il Partito fascista fondato da Benito Mussolini, che proponeva l'uso della forza per stabilire la pace sociale e scongiurare il pericolo rosso.
Trovò l'appoggio politico dei liberali, dei monarchici, dei nazionalisti e soprattutto del re Vittorio Emanuele III.

Benito Mussolini

La marcia su Roma
Il 28 ottobre 1922 cinquantamila fascisti effettuarono la famosa marcia su Roma.  Si trattava di qualcosa a metà tra una manifestazione e un colpo di stato. Migliaia di fascisti, armati, si radunarono a Roma con l'intento di dimostrare quanto fosse forte il movimento fascista. Mussolini aveva detto "O ci daranno il governo o lo prenderemo calando a Roma". Era un atto contro la democrazia perché si trattava di una sorta di prova di forza che non rispettava le regole della democrazia.
La "marcia" sarebbe stata facilmente fermata dall'esercito italiano, ma il re Vittorio Emanuele III ordinò all'esercito di non intervenire. I fascisti entrarono in città e  Mussolini ricevette dal re Vittorio Emanuele III l'incarico di Capo del Governo. Era l'inizio della dittatura fascista e del patto di potere tra Vittorio Emanuele III e Mussolini.





Due anni dopo si tennero le elezioni (1924), il fascismo era già al potere e Mussolini questa volta era in una posizione di vantaggio. I fascisti ottennero la maggioranza in parlamento ma le elezioni si svolsero in un clima di minacce e violenze nei confronti degli avversari politici e diedero al Partito fascista la maggioranza in parlamento.

Vittorio Emanuele III
Benito Mussolini partito da Milano e giunto a Roma il 30 ottobre 1922, prima di ordinare la smobilitazione e la consegna delle armi, sfila il 31 ottobre in testa alle squadre armate fasciste assieme ai quattro comandanti (i quadrunviri: da sinistra Emilio De Bono, Cesare Maria De Vecchi e Italo Balbo) delle colonne che hanno "marciato su Roma". Il corteo, di circa 50.000 uomini, si reca all’Altare della Patria e al Quirinale a omaggiare il Re, Vittorio Emanuele III di Savoia


Lo stato maggiore fascista (da sinistra a destra: Emilio De Bono, Michele Bianchi, Benito Mussolini, Cesare Maria De Vecchi e Italo Balbo)


L'omicidio Matteotti


L'onorevole socialista Giacomo Matteotti ebbe il coraggio di denunciare pubblicamente che le elezioni non si erano svolte legalmente a causa dei brogli e delle minacce dei fascisti. La pagò cara. Fu ucciso da sicari fascisti. L'omicidio scosse l'opinione pubblica italiana e i deputati dell'opposizione reagirono abbandonando per protesta il parlamento ("secessione dell'Aventino" l'espressione  deriva dal colle Aventino dove, secondo la storia romana, si ritiravano i plebei nei periodi di conflitto con i patrizi) per costringere il sovrano ad allontanare Mussolini, ma questa
decisione non venne presa. Il fascismo sembrò sul punto di crollare ma Mussolini in Parlamento in un famoso discorso rivendicò la "responsabilità morale, politica e storica" del delitto Matteotti. Era un fatto molto grave, poiché si dichiarava apertamente che il fascismo era al fuori dei normali meccanismi della democrazia, tuttavia non accadde nulla. L'opposizione, che era ancora rappresentata in Parlamento, non seppe unirsi per bloccare l'avanzata politica del fascismo; il Re non fece nulla. Mussolini capì che era il momento giusto per impadronirsi dello stato.
Da quel momento ebbe inizio la dittatura fascista e l'organizzazione dello Stato fu modificata in modo da attribuire a Mussolini sia il potere esecutivo, sia il potere legislativo: egli controllava tutta la politica italiana.


Le leggi fascistissime

In particolare nel 1926 attraverso le "leggi fascistissime" stabilì:

  • poteri straordinari per il capo del governo (potere legislativo+legislativo+giudiziario);
  • abolì tutti i partiti;
  • identificò lo Stato con il partito fascista (qualunque funzionario pubblico, esempio medico, insegnante ecc., doveva giurare fedeltà al fascismo e ai suoi principi)
  • formò l'OVRA, una potente polizia politica autorizzata a perquisizioni, arresti e torture senza mandato del giudice;
  • abolì la libertà di stampa ed esercitò un ferreo controllo su tutti i mezzi di comunicazione di massa (stampa, cinema, radio).
L'articolo 21 della Costituzione della Repubblica Italiana sulla libertà di stampa

.

I Patti Lateranensi



Nel 1929 il potere di Mussolini fu ulteriormente rafforzato dai Patti Lateranensi, tra lo Stato
italiano e il Vaticano che risolveva la cosiddetta "questione romana".

Qui è necessario fare un salto indietro per capire che cos'è la "questione romana".
Il 17 marzo del 1861 è stato proclamato il Regno d'Italia.
Come vedi nell'Italia centrale c'è ancora lo Stato della Chiesa; si tratta di uno Stato governato dal Papa che esercita dunque sia il potere spirituale (Capo della Chiesa) che il potere temporale (Capo politico di uno Stato).



Roma, XX settembre 1870. Porta Pia e la Breccia aperta dall'artiglieria Italiana.
Il Regno d'Italia dopo la presa di Roma provò a regolare il rapporto con la chiesa con la "legge delle guarantigie".

Riassumendo molto, con questa legge lo Stato Italiano

garantiva al Papa

  • il diritto di avere al proprio servizio guardie armate a difesa dei palazzi vaticani, Laterano,  e Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo. 
  • Tali immobili erano sottoposti a regime di extraterritorialità che li esentava dalle leggi italiane 
  • Garantiva un introito annuo di 3 225 000 lire (pari a circa 14,5 milioni di euro) per il mantenimento del pontefice e della curia.
  • Veniva riconosciuta libertà di svolgere la funzione religiosa.

La reazione del Papa.

  • non riconobbe la legge
  • si dichiarò prigioniero politico
  • emanò l'enciclica "Ubi nos", con la quale veniva ribadito che il potere spirituale non poteva essere considerato disgiuntamente da quello temporale.
In seguito
I rapporti tra la Chiesa e lo Stato italiano andarono peggiorando quando, nel 1874, la Curia romana giunse a vietare esplicitamente ai cattolici, con la formula del "non expedit" ("non conviene"), la partecipazione alla vita politica. Soltanto nell'età giolittiana tale divieto sarebbe stato eliminato progressivamente, fino al completo rientro dei cattolici "come elettori e come eletti" nella vita politica italiana con il Patto Gentiloni del 1913. 


Ritorniamo al 1929 e ai Patti Lateranensi da cui eravamo partiti.
Con i Patti Lateranensi Mussolini riconobbe il Vaticano come stato indipendente, pagò un'indennità
per i beni confiscati dopo l'Unità, riconobbe la validità civile del matrimonio religioso e s'impegnò a
impartire l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Con questa mossa il fascismo
ottenne l'appoggio della Chiesa e si avvicinò anche alle grandi masse cattoliche.
Il momento della firma del trattato

Immagine commemorativa. Da sinistra verso destra, Vittorio Emanuele III di Savoia, Papa Pio XI e Benito Mussolini.


Lo stato totalitario

È il termine più usato dagli storici per definire un tipo di regime politico, affermatosi nel XX secolo al quale possono essere ricondotti il nazismo, il fascismo e il comunismo di tipo sovietico. Il regime totalitario è caratterizzato soprattutto dal tentativo di imporre al popolo l'assimilazione di un'ideologia (cioè di una visione del mondo).

In un regime totalitario lo stato controlla quasi ogni aspetto della vita di un individuo, attraverso il massiccio uso della propaganda, che cerca di plagiare le menti di tutti i cittadini. Un ruolo fondamentale in tal senso è svolto dalla scuola e dai mass media (in questo periodo cinema e radio). 

Nel caso del fascismo particolare cura fu posta nell'educazione della gioventù ai valori del fascismo (disprezzo della democrazia, culto della forza, fede nel duce Mussolini).

Uno dei motti pensati per la gioventù fascista








Una pagella della scuola fascista

 I ragazzi vennero inseriti nelle organizzazioni di partito fin da bambini (Opera nazionale dei Balilla), coinvolti in parate e attività di addestramento militare; l'iscrizione al partito fascista divenne indispensabile per accedere agli impieghi statali. Gli antifascisti, perseguitati e ridotti al silenzio, passarono anni in carcere, come Antonio Gramsci (che fu liberato solo alcuni giorni prima della morte), o furono costretti a fuggire all'estero.


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